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A NAPOLI FEDI E CULTURE DIALOGANO A TAVOLA In Evidenza

A NAPOLI FEDI E CULTURE DIALOGANO A TAVOLA

TEOLOGI E GIORNALISTI INSIEME PER UN INEDITO PERCORSO DI FORMAZIONE

Humani nihil a me alienum puto. Per tutti gli esseri viventi, in cielo, in acqua e sulla terra, esiste il nutrimento, mera esigenza fisiologica da espletare per garantirsi la sopravvivenza. Ma per l'essere umano, invece, esiste il cibo, qualcosa di più e al di là del semplice bisogno. Qualcosa che parla di cultura, relazione, cura. Perfino di fede. Anzi, soprattutto di fede, se prendiamo per buona l'asserzione che ogni cultura è collegata a un culto. Anche e soprattutto la cultura gastronomica. Ma meglio sarebbe parlare, al plurale, di fedi e dunque di culture e di genti. Quelle che spesso steccati ideologici e confini politici separano, ma che altrettanto sovente possono ritrovarsi unite attorno a una mensa. Il pasto così facilmente si trasforma in ponte tra tradizioni, visioni, mondi. Collante di civiltà, come quel mare Mediterraneo di cui Napoli si riscopre, oggi come un tempo, capitale culturale.

E questa storia parte proprio da Napoli, ovvero dalla sua collina di Capodimonte, dove ha sede l'Istituto Superiore di Scienze Religiose "Donnaregina", le cui origini risalgono al 1946, quando nacque in via dei Tribunali lo "Studio teologico per laici", il primo d'Europa nel suo genere. I suoi docenti, da sempre sensibili alle istanze ecumeniche e interreligiose, lo hanno reso negli ultimi tempi un vero e proprio laboratorio permanente di dialogo. Nasce così, in collaborazione con l'Ordine dei Giornalisti della Campania, il corso Cibo, relazioni e informazione nell'era digitale. Un itinerario tra fedi e culture del Mediterraneo, conclusosi pochi giorni fa nel capoluogo partenopeo. Teologi, pastori e giornalisti di diverse fedi e confessioni hanno dato vita a un'inedita alleanza per contrastare la banalizzazione e la cattiva informazione dilaganti in materia. Istanza che riveste forse il carattere dell'urgenza, come sembra suggerirci qualsiasi disamina dei mezzi d'informazione.

Tv, giornali, radio e social media sono da tempo invasi da contenuti e immagini che hanno a che fare con il cibo. Un'orgia bulimica di ricette, recensioni e diete impazza a tutte le ore su ogni piattaforma. Orde di chef, nutrizionisti, esperti o sedicenti tali sono pronte a guidarci verso il miraggio di una maggiore consapevolezza del nostro rapporto con alimenti e bevande. Ma quanta attenzione viene davvero riservata al valore più profondo del cibo? I significati antropologici, sociali e perfino teologici, che rappresentano le vere radici della cultura enogastronomica di ogni popolo, sono spesso trascurati se non del tutto ignorati.
E così il primo incontro, «Cibo, media e norme alimentari nel contesto del Mediterraneo. Un approccio interculturale», ha aperto la strada al dibattito in materia, radunando allo stesso tavolo il biblista e vescovo cattolico Gaetano Castello, l'imam Abdallah Massimo Cozzolino, il filosofo Dario Sessa, il teologo Pasquale Incoronato, l'archeologa Raimonda Rossi e i giornalisti Mimmo Falco e Ottavio Lucarelli. Uniti perché «educare al buon cibo significa educare al gusto autentico delle cose, ma anche e soprattutto allo stare insieme», ha spiegato Incoronato. Allora insieme si è spezzato il pane del sapere, al successivo incontro, quando la tavola dei relatori ha visto riuniti la pastora valdese Letizia Tomassone, lo studioso buddista Amedeo Imbimbo, il teologo cattolico Edoardo Scognamiglio e il giornalista Alfonso Pirozzi per discutere di «Pane, nutrimento per eccellenza, tra sacro e quotidianità». Sempre insieme è proseguito il viaggio «Tra esaltazioni e divieti. Il vino nelle culture del Mediterraneo», con le relazioni della diacona battista Emilia Mallardo, del critico enogastronomico Carmine Maione, del pastore valdese Franco Mayer.
E ancora insieme era previsto che si stesse all'incontro centrale del percorso, quello sull'«Acqua, fonte di vita e simbolismo, tra Oriente e Occidente», con il maestro taoista Li Xuan Zong, il vescovo arbëreshë Donato Oliverio, il suo delegato Alex Talarico e l'esperto bahá'í Silvio Cossa. Un incontro però rinviato a data da destinarsi per ragioni di viabilità. Perché nella capitale del Mediterraneo succede anche questo, ovvero di condividere non solo le gioie che dona il buon cibo preparato con amore, ma anche quelle che sa donare quel giuoco chiamato calcio, quando c'è da festeggiare la vittoria di un campionato. Così anche per me, coordinatore degli incontri, l'amarezza di non aver potuto moderare quest'ultima tavola è stata addolcita dalla gioia di sventolare il tricolore. Insieme a tutti, ovviamente.

Michele Giustiniano

Docente e ufficio stampa ISSR Donnaregina